Cuba!

C'è sempre qualcosa di un paese che ti colpisce più di altro e ti resta appiccicato dentro per sempre.
Arrivare a Cuba è stato come entrare sul set di un film, con la particolarità che ciò che passa nel film era reale.
La povertà e la precarietà di questo paese sembrano essere un punto di partenza non di arrivo.
Campeggia come la lunga serie di slogan rivoluzionari la sensazione che questa piccola isola abbia resistito più di 50 anni al grande vicino stelle e strisce che in un modo o nell'altro ha piegato tutti gli altri antagonisti.
Tutti tranne uno: Cuba appunto, almeno fino a quando Fidel sarà vivo.
Ha resistito soffrendo, aggrappandosi forzatamente all'orgoglio delle sue ingenue parole d'ordine scritte sui muri, nelle campagne come nelle città, hasta la vittoria siempre, comandante !
Più erano anacronistici più quegli slogan erano una zattera a cui aggrapparsi perché dietro c'era il senso di resistenza di una visione solidaristica, panamericana che cercava di unire a sud più che dividere a nord.
Uno spirito dolente vecchio di secoli contaminato prima dal colonialismo quindi dal dramma dello schiavismo.
Il grande attore a Cuba diventa quindi il tempo.
Scorre a ritroso, ad un secolo fa, da ovest ad est con la gente che cammina a piedi sul ciglio della strada, oppure va in paese su piccoli calessi in ferro tirati da magrissimi cavalli , o nei campi dove un contadino ara la terra aiutato da due pazienti buoi al giogo.
Eppure il tempo altrove corre.
Non qui però dove nei paesi la gente sta all'ombra a godersi una cerveza ascoltando musica o sulla sedia a dondolo sotto il patio di casa o seduta a terra sul ciglio della strada all'ombra di una palma reale.
La musica è fatta di tempi, vuoti e pieni, ecco forse perché i cubani la amano così tanto.
Il tempo che sembra non passare oppure essersi addirittura fermato come in un sortilegio.
Tanto che gli avvoltoi, persino loro, veleggiano apparentemente immobili nello splendido cielo azzurro e terso, solcato da gigantesche nuvole bianco latte simili a brigantini corsari.
Sembrano celebrare un paese vivo anche se morto oppure attendere pazientemente che muoia arrendendosi, abituato com'è ad un presente apparentemente senza speranze tangibili di futuro.
Il bloque , come lo chiamano qui, è " il più lungo e silenzioso genocidio della storia "...
A Cuba è stato vietato tutto ciò che in ogni parte del mondo è concesso anche solo come sogno.
Per questo anche il banale, il futile a Cuba è un lusso che deve essere conquistato.
Basta andare nelle compagne, lontano dai caios, da Varadero, per capirlo: qui la gente non sogna, vive sopravvivendo senza farsi domande.
Ed anche là dove il paese si è piegato giocoforza al turismo, per potere tirare avanti, lo ha fatto con dignità.
Se venite qui non guardate questa gente con pietismo, ma con rispetto e deferenza.
Se noi oggi avessimo qualche grammo di questa dignità e questa capacità di soffrire saremmo già rinati, ma pancia piena non sa nulla di quella vuota...
Questa è la mia cartolina postuma da Cuba, perché neppure la banda è concessa agli epigoni del Che.
Il Che che qui è ovunque, nell'aria, nei campi, nel sole più che nei monumenti e nelle parole.
Il Che che ha insegnato a correre in aiuto ai bisognosi come ha fatto Cuba recentemente in Africa inviando uomini e risorse in quantità per aiutare nella battaglia contro Ebola.
Più uomini e mezzi di inglesi, americani e francesi.
Ma questo nessuno ve lo dirà.
Sono arrivati armati di grande spirito di solidarietà e con mezzi tecnologici assolutamente inferiori agli altri.
Hanno così pagato ovviamente il prezzo più alto ma nessuno, a parte pochi, che hanno seguito Ebola,ve lo dirà.
Mauro - mi dice la ragazza della dogana all'aeroporto - hai viaggiato in Africa negli ultimi 3 mesi ?
È la prima volta che in un ufficio immigrazione mi chiamano per nome mentre sbrigo la procedure di ingresso!
Lo chiedono perché sanno che pericolo sia questa malattia tremenda che ha sfiorato l'umanità per ora risparmiandola.
Eppure qui ci sarebbe bisogno di tutto.
Cosa accadrà a Cuba domani dopo che si sarà discusso con gli Usa per riallacciare rapporti diplomatici ma soprattutto commerciali e magari finirà il bloque ?
Non lo so ma il mio timore è che tutto cambi, un timore che come spesso accade, è anche una speranza.
Auguro a questa gente paziente, ospitale, cordiale e gioiosa di trovare pace e non dover svendere il loro orgoglio e la loro forza, come abbiamo fatto quasi tutti negli ultimi 60 anni.
Metto in conto tutto, compreso il tributo di libertà pagato da chi non si allineava a questo modello faticosamente costruito fra errori ed indecisioni.
Terzani descriveva bene l'animo umano parlando dei cinesi.
Potrai dare a tutti qualcosa, una speranza, una giacca , una ciotola di riso ma ci sarà sempre qualcuno che ne vorrà due, vorrà un vestito ed un qualcosa di diverso...qualcosa di più.
Ai Caraibi sotto il sole dei tropici fa caldo ma si sogna come ovunque altrove sotto questo immenso cielo.