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BSM al Blue Note

Le storie si vivono per quello che siamo, per il posto dal quale veniamo.

A me piace raccontarle guardandole dagli angoli, da dove si vedono più sfumature, così spesso le vedo in bianco e nero, almeno una piccola parte...

La BSM al Blue Note per me è sempre una storia a parte.

La racconto un pò da una prospettiva sghemba.

Scusate ragazzi, io la faccio iniziare così...

Ho già scritto che questa splendida foto di Fabrizio Bosso di Roberto Cifarelli ha un significato importante per me; Fabrizio mi riporta a Marco Tamburini e questo basta, ciao Marco.

Un concerto è tutto, è un momento magico, ma ciò che viene prima e ciò che accade dopo hanno, per me, un senso profondo e racchiudono qualcosa che ha a che vedere col senso stesso della nostra presenza qui ed ora.

Così anche i contrattempi, le piccole o grandi difficoltà che si incontrano in quegli attimi parlano della impossibilità di controllare questa storia, dicono di quanto sia inutile, spesso, fare programmi, alla fine occorrerà improvvisare.

Provare e ripetere, una frase, un accordo, un colpo di rullante, un po' come nella vita, sempre e di nuovo...

E sempre attimi, piccoli gesti che sono immagine di ciò che abbiamo cercato di costruire dando per giorni e mesi il meglio di noi stessi...

Poi arriva il fatidico "...dieci minuti ..." e sai che da quel momento si comincia a fare sul serio.

Al Blue Note c'è questa scala che porta al palco; a me piace da impazzire, ma ce ne sarà una ovunque ed ovunque qualcuno farà un sorriso un po' tirato ma in realtà su quei gradini c'è un velo di tensione, di ansia che cambia gli sguardi...

Io mi sono schiacciato nell'angolo fregandomene di fuoco, tempi e mosso; non era quello che mi interessava.

Però chi chiude la fila, che sia al primo oppure al millesimo " in scena " ci mette la faccia così com'è e basta.

Coraggio, dopo quella porta, si va in scena...

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