Il finale.
Il finale di Ecce homo è " La favola del primo bambino".
Ho incontrato José molti anni fa. Qualcuno racconta una storia che in quel momento non lascia un segno in te. Poi però un giorno riemerge dalla tua memoria. Questo forse accade perchè il tempo ha una forza speciale; sa fare aumentare il significato delle cose come è capace di migliorare la qualità del vino. Per le storie credo che il segreto stia nel fatto che loro restano uguali ma noi, grazie al tempo, cambiamo. Quello che lui mi disse, come lo raccontò, oggi assume in me un significato speciale, rinnova emozioni vissute. Ora che ho terminato le storie di “Ecce homo”, ora che lui non è più qui e non posso fargli domande, non posso ringraziarlo e abbracciarlo, ora capisco. Era una notte d’estate ed improvvisamente, dopo avere a lungo parlato di tutto e di niente, si mise davanti a me e dopo un lungo silenzio, parlò lentamente e con voce profonda. “È facile, può farlo chiunque. Prendi una persona, una qualunque. Guardala negli occhi intensamente, dritto in fondo, lascia che il tuo sguardo si perda nel suo. Quindi lascia che il suo scivoli dentro di te, sino nei meandri più segreti dove persino tu stenti ad aprire certe porte. Restate così in silenzio per tutto il tempo che serve. Poi prendi la sua mano, mettila sul tuo cuore ed aspetta. Dopo un po’ sentirai il bisogno di mettere la tua sul suo petto. State fermi così, ed ascoltate. Sentirete lo stesso battito, lo stesso ritmo immutato da millenni nei petti di ogni donna ed ogni uomo, identico, impossibile da cambiare. Così occhi negli occhi, battito nel battito, sarete finalmente coscienti di essere connessi, sentirete di appartenere alla stessa materia, alla stessa storia. Connessi da sempre così intimamente da sembrare cellule della stessa carne, pensieri dello stessa mente, refoli dello stesso vento. Questo siamo noi umani, connessi col tutto come fra di noi, anche se abbiamo sempre fatto di tutto per negarlo e sentirci perfetti nella nostra interezza. Tanti IO esigenti ed apparentemente perfetti, ma divisi ed incompleti. Un uomo di un milione di anni fa come noi due ora, spinti come il movimento deile onde che seguono le maree, come lo scorrere del tempo che muta le stagioni, attimo dopo attimo. Essere connessi non significa però potere cambiare il corso degli eventi. Pensa come se tu fossi un bambino, il primo bambino, quello che inventò il gioco. Lui scoprì presto di poterne cambiare la trama ma non le regole. Una foglia in autunno cade dal ramo e può andare a posarsi ovunque nel prato sotto l’albero che l’ha vista nascere, crescere ed ora la vede andasene. I suoi percorsi nella lenta caduta sono infiniti, ma finirà sempre ai piedi del suo albero. Quello che un uomo ha in più rispetto ad una foglia è la possibilità, se lo vuole, di poter cambiare sè stesso; questa è la più grande delle libertà che ci è stata concessa. Questo è l’uomo da sempre, questi siamo io e te ora, oggi. “